Publicato il
08/09/2025

Insufficienza venosa e varici: la guida completa

L’insufficienza venosa è una delle patologie circolatorie più diffuse e sottovalutate. Secondo le stime della Società Italiana di Flebologia, l’insufficienza venosa colpisce circa 19 milioni di persone in Italia, soprattutto donne e persone oltre i 50 anni, e si manifesta quando le vene non riescono più a garantire un corretto ritorno del sangue dagli arti inferiori al cuore. 

Spesso i sintomi iniziali - come gonfiore e pesantezza alle gambe, comparsa di piccole varici - vengono ignorati o attribuiti a stanchezza temporanea, ma con il tempo possono evolversi in manifestazioni croniche, più difficili da trattare e potenzialmente invalidanti.

Le conseguenze dell’insufficienza venosa cronica non si limitano all’aspetto estetico delle varici alle gambe, ma incidono pesantemente sulla qualità della vita, riducendo la mobilità, causando dolore e aumentando il rischio di complicanze come ulcere venose o trombosi. 

Per questo motivo, riconoscere precocemente i sintomi e comprenderne le cause è fondamentale, soprattutto in una popolazione che invecchia e che, pertanto, presenta una maggiore predisposizione ai disturbi della circolazione.

In questa guida completa, scopriremo che cos’è l’insufficienza venosa, come si differenzia dalle varici, quali sono le cause e i principali fattori di rischio, i sintomi più comuni e i percorsi diagnostico-terapeutici disponibili. 

Approfondiremo anche le più temibili complicanze a lungo termine e passeremo in rassegna i trattamenti e rimedi più efficaci, dai più conservativi fino agli interventi chirurgici. 

L’obiettivo è fornire un quadro chiaro e aggiornato, utile sia ai pazienti che ai caregiver, per capire quando è il momento di consultare uno specialista e quali strategie adottare per prevenire o gestire il problema dell’insufficienza venosa.

L’insufficienza venosa

Che cos’è l’insufficienza venosa?

L’insufficienza venosa è una condizione in cui il sistema di ritorno del sangue dagli arti inferiori al cuore è compromesso. Questo accade quando le valvole venose, poste lungo il decorso delle vene, non funzionano in modo ottimale o sono danneggiate, lasciando che il sangue ristagni anziché risalire verso il cuore. 

Esistono due forme principali di insufficienza venosa: quella acuta, spesso dovuta a trombosi o ostruzione improvvisa di un vaso, e quella cronica, una condizione progressiva che si evolve nel tempo, con implicazioni cliniche più estese.

La forma cronica, detta insufficienza venosa cronica (IVC), è inquadrata, nella propria progressione, nella classificazione CEAP, dalle fasi iniziali (edema serale) fino a quelle più avanzate, caratterizzate da gravi alterazioni cutanee e ulcere. 

L’IVC è particolarmente diffusa e diversi studi indicano una chiara relazione tra la sua insorgenza e l’incremento del rischio cardiovascolare.

Dal punto di vista fisiopatologico, la malattia si sviluppa quando la pompa muscolare del polpaccio non riesce più a sostenere efficacemente il ritorno venoso, come può accadere nei soggetti sedentari, obesi o con deficit neurologici. Il ristagno del sangue causa edema, infiammazione delle vene (flebiti) e, nel tempo, aumento della permeabilità capillare, alterazioni trofiche e ulcere della cute.

In sintesi, l’insufficienza venosa rappresenta un problema clinico significativo, spesso sottovalutato, e richiede una gestione tempestiva per evitarne la progressione e le conseguenze invalidanti.

Differenza tra insufficienza venosa e varici

Molto spesso si tende a confondere insufficienza venosa e varici alle gambe, ma in realtà si tratta di due condizioni differenti, pur strettamente collegate tra loro. 

L’insufficienza venosa cronica (IVC) è una vera e propria patologia del sistema circolatorio che compromette il ritorno del sangue venoso al cuore. Quando le valvole venose diventano insufficienti, non lavorando bene, il sangue ristagna negli arti inferiori, provocando gonfiore, senso di pesantezza, dolore e, nei casi più avanzati, alterazioni e ulcere dei tessuti dell’arto.

Le varici (o vene varicose), invece, sono solo una delle più comuni manifestazioni della patoogia: sono vene dilatate, tortuose e ben visibili sotto la pelle, che derivano dalla pressione venosa elevata e dal malfunzionamento delle valvole. 

Non tutte le persone con varici hanno un’insufficienza venosa cronica avanzata, ma la presenza di varici è spesso un campanello d’allarme di una sofferenza venosa che non va trascurata.

Dal punto di vista clinico, dunque, si può dire che le varici sono un segno dell’insufficienza venosa, ma non ne esauriscono la complessità. Infatti, l’IVC può esistere anche senza varici evidenti, manifestandosi invece con edema, crampi notturni, pigmentazioni cutanee o alterazioni trofiche. Viceversa, alcune forme di varici possono avere un impatto principalmente estetico ed essere poco sintomatiche, pur richiedendo attenzione medica per evitare l’insorgenza delle complicanze.

Capire la differenza è fondamentale: l’insufficienza venosa è una condizione sistemica e progressiva, mentre le varici sono solo una delle sue manifestazioni locali. 

Un corretto inquadramento diagnostico consente di stabilire l’opportunità di intervenire con trattamenti conservativi (calze elastiche, esercizio fisico, terapia farmacologica) oppure la necessità di ricorrere ad approcci più invasivi, come le tecniche endovascolari o chirurgiche, per ridurre i sintomi e prevenire l’aggravarsi del quadro clinico.

Riconoscere tempestivamente la malattia permette di adottare misure preventive e terapie mirate, migliorando notevolmente la qualità di vita del paziente. L’esame di riferimento è l’ecocolordoppler, un test non invasivo, indolore e privo di radiazioni, che sfrutta gli ultrasuoni per visualizzare il flusso sanguigno e verificare la funzionalità delle valvole venose.

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Cause dell’insufficienza venosa alle gambe

Le cause dell’insufficienza venosa alle gambe sono molteplici e possono essere classificate in due principali categorie: organiche e funzionali. Quelle organiche derivano da difetti strutturali delle vene, come la dilatazione delle pareti o i danni valvolari dovuti a trombosi pregresse, mentre le cause funzionali dipendono da fattori che alterano la dinamica del flusso venoso, come immobilità dell’arto o sovraccarico della pompa muscolare.

Tra i fattori predisponenti più comuni troviamo:

  • Predisposizione genetica/familiare, che determina un'alterata conformazione o debolezza delle vene.
  • Obesità e sedentarietà, che riducono l’efficacia del ritorno venoso e aumentano la pressione intravascolare.
  • Età, sesso femminile, gravidanza multipla e terapia ormonale estrogenica, fattori che alterano sia la parete venosa sia l’emodinamica (ovvero l’insieme delle forze e dei movimenti del circolo sanguigno nel suo complesso).
  • Stare a lungo in piedi o seduti, situazioni che ostacolano il ritorno venoso, soprattutto nelle professioni con posture fisse.
  • Pregressa trombosi venosa profonda, che danneggia valvole e pareti venose, spesso anticipando la comparsa di IVC e sindrome post-trombotica.

Secondo la comunità scientifica (fonte!!), il rischio di morte cardiovascolare aumenta significativamente in presenza di insufficienza venosa cronica avanzata, e condizioni quali ipertensione arteriosa, obesità, fumo e malattie cardiovascolari conclamate sono rilevanti determinanti clinici (di che cosa? Della sopravvivenza complessiva? Meglio chiarire..!!).

Dato che le cause dell’insufficienza venosa cronica sono spesso molteplici (è un tipico esempio di condizione multifattoriale), è senza dubbio fondamentale un approccio preventivo che agisca sui fattori modificabili, tra cui il peso, l’attività fisica e le abitudini come il fumo, e sui rischi non modificabili per mezzo di controlli periodici di prevenzione.

Fattori di rischio per l’insufficienza venosa cronica

L’insufficienza venosa cronica (IVC) non è una patologia che compare all’improvviso, ma il risultato di un insieme di fattori che, nel tempo, compromettono la funzionalità delle vene degli arti inferiori. Alcuni di questi fattori sono non modificabili, come l’età e la predisposizione genetica, mentre altri sono strettamente legati allo stile di vita e quindi prevenibili o correggibili.

Tra i principali fattori di rischio troviamo:

  • Età avanzata: con il passare degli anni, le pareti venose e le valvole tendono a perdere elasticità ed efficienza, aumentando il rischio di reflusso venoso.
  • Familiarità: avere parenti con varici o insufficienza venosa aumenta significativamente la probabilità di sviluppare la stessa condizione.
  • Sesso femminile: le donne sono più esposte al rischio di sviluppare la patologia, a causa del cambiamento dei livelli ormonali (indotto, per esempio, dalla gravidanza, dalla menopausa o dall’assunzione di terapie ormonali), con ripercussioni sul tono venoso.
  • Sedentarietà: la mancanza di movimento riduce la “pompa muscolare” del polpaccio, essenziale per spingere il sangue verso l’alto.
  • Obesità e sovrappeso: l’eccesso di peso aumenta la pressione sulle vene delle gambe, favorendo ristagno ed edema.
  • Prolungato lavoro sedentario o in piedi: stare troppo a lungo seduti, così come mantenere a lungo la posizione eretta senza movimento, ostacola la circolazione di ritorno.
  • Gravidanza: l’aumento del volume di sangue e la compressione esercitata dall’utero sulle vene pelviche possono favorire l’insorgenza di varici.
  • Fumo e cattive abitudini alimentari: influiscono negativamente sull’elasticità vascolare e sul microcircolo.

È importante sottolineare che la presenza di più fattori di rischio contemporanei aumenta la probabilità di sviluppare insufficienza venosa. Per questo motivo, intervenire precocemente – con modifiche dello stile di vita (attività fisica regolare, controllo del peso, alimentazione equilibrata) e con una corretta prevenzione medica – può fare la differenza nel rallentare la progressione della malattia e migliorare la qualità della vita dei pazienti.

Insufficienza venosa e patologie cardiache

L’insufficienza venosa non è soltanto un problema circoscritto alle gambe: come abbiamo visto, essa può essere strettamente legata alle condizioni del cuore e, più in generale, al funzionamento del sistema cardiovascolare. 

Le vene e il cuore lavorano in sinergia: le prime riportano il sangue ricco di anidride carbonica dagli arti inferiori verso l’atrio destro, mentre il cuore garantisce la spinta necessaria per mantenere una circolazione efficace. Quando questo equilibrio si altera, possono comparire disturbi che coinvolgono entrambi gli apparati.

Tra le principali correlazioni tra insufficienza venosa e patologie cardiache, troviamo:

  • Scompenso cardiaco: un cuore che pompa con difficoltà non è in grado di gestire correttamente il ritorno venoso. Ciò provoca, tra le varie conseguenze, un ristagno di sangue negli arti inferiori, con edema e aggravamento dell’insufficienza venosa già presente.
  • Ipertensione polmonare: alcune forme di ipertensione possono aumentare il carico sul sistema venoso periferico, determinando gonfiore e peggioramento dei sintomi a livello delle gambe.
  • Alterazioni della pressione venosa centrale: condizioni come l’insufficienza cardiaca aumentano la pressione nelle vene sistemiche, favorendo la comparsa di varici ed edema cronico.
  • Patologie valvolari cardiache (come l’insufficienza tricuspidalica): possono ostacolare il corretto flusso del sangue verso il cuore, aggravando il reflusso venoso degli arti inferiori.

In presenza di sintomi di insufficienza venosa cronica (gambe gonfie, dolore, varici), una valutazione cardiologica accurata è fondamentale per escludere o confermare la presenza di patologie concomitanti. In questi casi, bisogna spesso rivolgersi a più medici specialisti: angiologi, flebologi e cardiologi collaborano per definire un piano terapeutico integrato.

La connessione tra cuore e vene dimostra come l’insufficienza venosa non debba essere sottovalutata. Intervenire precocemente significa non solo migliorare i sintomi alle gambe, ma anche prevenire complicanze cardiovascolari che possono compromettere in modo significativo la qualità della vita e la salute generale del paziente.

Segni e Sintomi dell’insufficienza venosa

L’insufficienza venosa agli arti inferiori è una condizione che tende a progredire lentamente e in maniera silenziosa. Per questo motivo, riconoscere i sintomi precoci è essenziale per intervenire tempestivamente ed evitare complicanze più gravi. 

Essi possono variare da lievi fastidi fino a disturbi invalidanti, che incidono sulla qualità della vita quotidiana, limitando mobilità, attività fisica e benessere di chi ne è affetto.

Generalmente, i sintomi derivano dal ristagno di sangue nelle vene delle gambe, dovuto a un malfunzionamento delle valvole venose o a un indebolimento della parete vascolare. La conseguenza diretta è un aumento della pressione venosa che porta a gonfiore e dolore, oltre a segni obiettivi come la comparsa di varici. Questi disturbi tendono a peggiorare con il passare delle ore e a migliorare quando le gambe vengono sollevate, altro segno tipico del reflusso venoso.

Di seguito, vediamo insieme quali sono i sintomi più comuni, distinguendo tra segnali iniziali e manifestazioni avanzate.

Sintomi precoci dell’insufficienza venosa cronica

I sintomi precoci dell’insufficienza venosa cronica sono spesso sottovalutati o confusi con una normale stanchezza, soprattutto da chi passa molte ore in piedi o conduce una vita sedentaria. In realtà, questi segnali sono il primo campanello d’allarme di un problema circolatorio che, se ignorato, può evolversi in disturbi più gravi e complicanze a lungo termine.

Uno dei sintomi più frequenti è, appunto, la sensazione di pesantezza alle gambe, che compare soprattutto verso sera o dopo una giornata trascorsa in posizione eretta. Questo fastidio si accompagna spesso a un gonfiore serale di piedi e caviglie (edema), che può ridursi durante il riposo notturno o quando le gambe vengono sollevate. La comparsa quotidiana di questo fenomeno è già un segnale importante di un ritorno venoso difficoltoso.

Un altro sintomo precoce tipico sono i crampi notturni, che disturbano il sonno e colpiscono in particolare i polpacci. A questi si aggiungono formicolii, prurito e sensazione di calore agli arti inferiori, disturbi legati a un inizio di sofferenza dei tessuti per il ristagno di sangue venoso. In questa fase, la pelle può iniziare a presentare piccole alterazioni come arrossamenti localizzati o maggiore fragilità capillare, con la comparsa di teleangectasie (le cosiddette “vene a ragno”).

Questi sintomi, pur essendo considerati lievi, non devono essere trascurati: sono il segnale che il sistema venoso non sta funzionando in modo ottimale. Intervenire subito con misure preventive, come una maggiore attività fisica, l’uso di calze elastiche a compressione graduata e controlli specialistici, può ridurre il rischio di progressione verso forme più gravi di insufficienza venosa cronica, che includono la comparsa di segni quali varici evidenti, edema persistente e complicanze cutanee.

Sintomi avanzati e complicanze

Quando l’insufficienza venosa cronica non viene trattata nelle fasi iniziali, i sintomi tendono a peggiorare progressivamente fino a compromettere in modo significativo la qualità della vita del paziente. I disturbi diventano più evidenti, persistenti e difficili da gestire, e possono degenerare in vere e proprie complicanze cliniche.

Tra le più frequenti manifestazioni di malattia avanzata, troviamo l’edema persistente degli arti inferiori: il gonfiore, che nelle fasi precoci regredisce durante il riposo notturno, diventa costante e può estendersi fino al polpaccio o addirittura alla coscia. A ciò si associa spesso una sensazione di dolore o bruciore alle gambe, che peggiora con il caldo o dopo lunghi periodi in piedi.

Un altro segnale tipico di aggravamento è la comparsa di varici evidenti, vene dilatate e tortuose ben visibili sotto la pelle, che rappresentano il segno clinico più riconoscibile di insufficienza venosa cronica. Le varici, oltre a presentare un notevole impatto estetico, sono spesso dolorose e aumentano il rischio di infiammazione delle vene (flebite) e formazione di coaguli.

Con l’avanzare della malattia, la pelle inizia a subire cambiamenti importanti: discromie cutanee, con macchie bruno-violacee dovute al deposito di emosiderina, indurimento dei tessuti sottocutanei e prurito intenso. In alcuni casi si formano eczemi venosi, segno di un’infiammazione cutanea cronica.

La complicanza più temuta e invalidante è lo sviluppo delle ulcere venose, ferite che si localizzano soprattutto nella regione malleolare ovvero vicino alle caviglie. Queste lesioni sono difficili da guarire, tendono a recidivare e comportano dolore, infezioni frequenti e un pesante impatto sulla vita quotidiana.

Infine, i pazienti con insufficienza venosa cronica avanzata hanno un rischio aumentato di sviluppare trombosi venosa profonda (TVP), condizione potenzialmente grave che richiede un intervento medico immediato.

Diagnosi dell’insufficienza venosa

La diagnosi precoce dell’insufficienza venosa è fondamentale per evitare che i disturbi iniziali si trasformino in complicanze difficili da trattare, come ulcere o trombosi. Riconoscere tempestivamente la malattia permette di adottare misure preventive e terapie mirate, migliorando notevolmente la qualità di vita del paziente.

Il percorso diagnostico inizia con un’attenta anamnesi clinica, durante la quale il medico raccoglie informazioni sui sintomi riferiti (pesantezza, gonfiore, crampi), sulla loro evoluzione e sulla presenza di eventuali fattori di rischio come familiarità, sedentarietà o gravidanze. 

Segue un esame obiettivo, che consiste nell’osservazione diretta degli arti inferiori per rilevare segni visibili come varici, edema, discromie cutanee o alterazioni della pelle.

Tuttavia, per confermare la diagnosi e valutare la gravità dell’insufficienza venosa, è spesso necessario ricorrere a indagini strumentali. Tra queste, l’esame di riferimento è l’ecocolordoppler, un test non invasivo, indolore e privo di radiazioni, che sfrutta gli ultrasuoni per visualizzare il flusso sanguigno e verificare la funzionalità delle valvole venose. L'ecocolordoppler consente di individuare la presenza di reflussi venosi, trombi e ostruzioni, fornendo una mappa precisa della circolazione degli arti.

In alcuni casi, soprattutto quando si sospettano complicanze o si valutano interventi chirurgici, possono essere prescritti altri esami di approfondimento, come la flebografia con mezzo di contrasto, la pletismografia venosa (per misurare i volumi ematici) o la TC/RM venosa per analizzare nel dettaglio il decorso dei vasi.

La diagnosi di insufficienza venosa cronica non si limita all’identificazione del problema, ma include anche la stadiazione della malattia secondo la classificazione CEAP (Clinical, Etiologic, Anatomic, Pathophysiologic), che permette di identificare l’avanzamento della malattia dalle fasi iniziali fino alle evoluzioni ulcerose più complicate.

Un corretto percorso diagnostico, quindi, non solo conferma la presenza della patologia, ma rappresenta la base per pianificare un trattamento personalizzato, che può andare dalle terapie più conservative all’intervento chirurgico.

Ecocolordoppler venoso e altri esami diagnostici

Il test dell’ecocolordoppler combina l’ecografia tradizionale con la tecnologia Doppler, permettendo di visualizzare in tempo reale le vene superficiali e profonde e di valutare la direzione e la velocità del flusso sanguigno. I grandi vantaggi di questo esame risiedono nel fatto che è indolore, sicuro e non invasivo: ciò lo rende adatto a qualsiasi età e ripetibile più volte senza rischi. Grazie all’ecocolordoppler è possibile identificare la presenza di reflusso venoso, trombi o anomalie valvolari, fornendo al medico una mappa dettagliata della situazione circolatoria.

Oltre all’ecocolordoppler, in casi più complessi possono essere richiesti ulteriori esami di approfondimento:

  • Flebografia con mezzo di contrasto: un’indagine radiologica che utilizza un liquido di contrasto, iniettato nelle vene per evidenziare eventuali ostruzioni, malformazioni o varici di difficile localizzazione. Viene oggi eseguita solo in situazioni particolari, ad esempio prima di un intervento chirurgico.
  • Pletismografia venosa: esame funzionale che misura i volumi di sangue nelle gambe e la capacità del sistema venoso di drenare correttamente i distretti inferiori, per valutare la gravità della malattia.
    TC o RM venosa: tecniche di imaging avanzato, che consentono una ricostruzione tridimensionale del sistema venoso e trovano impiego nei casi in cui sia necessario uno studio dettagliato delle vene profonde o delle complicanze.

La scelta degli esami dipende sempre dal quadro clinico del paziente e dagli obiettivi terapeutici. Nella maggior parte dei casi, l’ecocolordoppler è l’esame appropriato per formulare una diagnosi dell’insufficienza venosa e impostare un’accurata terapia. Tuttavia, la disponibilità di metodiche complementari consente un approccio personalizzato, utile soprattutto quando si pianifica un trattamento chirurgico o endovascolare.

Rischi e complicanze dell’insufficienza venosa

L’insufficienza venosa cronica non è solo un disturbo estetico legato alla comparsa di varici venose sulle gambe: se trascurata, essa può peggiorare e determinare complicanze gravi, capaci di compromettere la mobilità, il benessere e persino la sicurezza del paziente. Per questo motivo è fondamentale riconoscerne i segnali iniziali e intervenire precocemente.

Uno dei rischi principali legato alla malattia è il progressivo peggioramento della stasi venosa, che porta a un ristagno di sangue negli arti inferiori. Questo fenomeno, oltre a causare gonfiore e dolore, favorisce la comparsa di alterazioni cutanee come iperpigmentazione, dermatite da stasi, eczema venoso e indurimento della pelle. Nei casi più avanzati, la ridotta ossigenazione dei tessuti può portare alla formazione di ulcere venose, lesioni dolorose e difficili da guarire, che hanno un profondo impatto sulla qualità di vita del paziente.

Un’altra complicanza da non sottovalutare è la trombosi venosa, ovvero la formazione di coaguli all’interno delle vene. La trombosi può verificarsi sia a livello superficiale (tromboflebite), sia a livello profondo (trombosi venosa profonda – TVP). In quest’ultimo caso il rischio maggiore è che il trombo si stacchi e raggiunga i polmoni, causando un’embolia polmonare, una condizione potenzialmente letale.

Inoltre, la progressione dell’insufficienza venosa può accentuare la sensazione di pesantezza e dolore, limitare la capacità di camminare e ridurre la mobilità generale, portando in alcuni pazienti a una progressiva perdita di autonomia.

Trombosi venosa e insufficienza venosa cronica

La trombosi venosa è una delle complicanze più temute dell’insufficienza venosa cronica. Quando il sangue ristagna a lungo negli arti inferiori, la circolazione rallenta e aumenta la probabilità che si formino coaguli (trombi) all’interno delle vene. Questo processo può interessare sia le vene superficiali, causando tromboflebiti, sia le vene profonde, con il rischio di sviluppare una trombosi venosa profonda (TVP).

La TVP rappresenta una condizione particolarmente pericolosa: se un frammento del trombo si stacca e migra verso i polmoni, può provocare un’embolia polmonare, evento che mette seriamente a rischio la vita del paziente. Proprio per questo, la prevenzione e il monitoraggio sono essenziali per i soggetti affetti da insufficienza venosa.

Tra i fattori predisponenti la TVP troviamo:

  • lunga immobilità (per esempio dopo interventi chirurgici o lunghi viaggi),
  • obesità,
  • gravidanza,
  • uso di contraccettivi ormonali,
  • familiarità per trombosi,
  • età avanzata.

Il legame tra insufficienza venosa cronica e trombosi presenta un immediato riscontro pratico: i pazienti che presentano segni di stasi venosa devono essere educati a riconoscere manifestazioni come gonfiore improvviso, dolore intenso e arrossamento di un arto, che possono indicare l’insorgenza di una trombosi.

Le strategie preventive includono:

  • uso di calze elastiche a compressione graduata,
  • attività fisica regolare,
  • corretta idratazione,
  • evitare lunghi periodi in posizione seduta o eretta,
  • nei casi più a rischio, terapia farmacologica anticoagulante sotto controllo medico.

L’associazione tra insufficienza venosa e rischio trombotico sottolinea l’importanza di una gestione globale della patologia. Solo attraverso una diagnosi precoce, controlli regolari e adozione di misure preventive è possibile ridurre al minimo le complicanze e proteggere la propria salute vascolare.

Trattamenti e rimedi per l’insufficienza venosa alle gambe

La gestione dell’insufficienza venosa alle gambe non ha mai un approccio unico e standardizzato: al contrario, si basa su un percorso personalizzato che tiene conto della gravità della malattia, dell’età del paziente, della presenza di patologie associate e delle esigenze individuali. 

L’obiettivo principale è ridurre i sintomi, migliorare la qualità della vita e, soprattutto, prevenire complicanze come ulcere venose o trombosi.

I trattamenti conservativi rappresentano la prima linea di intervento. Tra questi, il cardine della terapia è l’uso di calze elastiche a compressione graduata, fondamentali per favorire il ritorno venoso e ridurre gonfiore, pesantezza e dolore. 

Accanto a questo presidio, assumono un ruolo importante le modifiche dello stile di vita: attività fisica regolare (camminata, nuoto, bicicletta), mantenimento di un peso corporeo sano, riduzione della sedentarietà e adozione di posture corrette (come evitare di accavallare le gambe o restare a lungo in piedi). Anche la dieta equilibrata, ricca di fibre e povera di sale, contribuisce a prevenire la ritenzione idrica e alleggerire il carico sulle vene.

Dal punto di vista farmacologico, il medico può prescrivere farmaci flebotonici o integratori a base di flavonoidi e diosmina, che migliorano il tono venoso e riducono l’infiammazione. Nei casi più complessi, possono essere indicati anche anticoagulanti o terapie specifiche per ridurre il rischio di trombosi.

Quando i rimedi conservativi non sono sufficienti, si può ricorrere a procedure interventistiche. Tra queste rientrano la scleroterapia, utilizzata per chiudere vene varicose di piccole e medie dimensioni, e le tecniche mini-invasive con laser o radiofrequenza, che hanno progressivamente sostituito la chirurgia tradizionale grazie a tempi di recupero più rapidi e minore invasività. La chirurgia flebologica classica, come la safenectomia, rimane invece indicata per casi particolarmente estesi o complicati.

Conclusioni

L’insufficienza venosa cronica non va mai sottovalutata: oltre ai sintomi fastidiosi e invalidanti, può rappresentare un serio fattore di rischio per complicanze cardiovascolari e tromboemboliche. 

La diagnosi precoce, attraverso strumenti come l’ecocolordoppler, è essenziale per impostare un percorso terapeutico efficace e personalizzato. 

I trattamenti, che spaziano dai rimedi conservativi fino agli interventi più avanzati, non mirano solo a migliorare l’aspetto estetico delle gambe, ma soprattutto a ripristinare una buona circolazione, ridurre i sintomi e prevenire complicanze come trombosi e ulcere cutanee.

Un ruolo fondamentale è anche quello della prevenzione: adottare uno stile di vita sano, mantenere un peso adeguato, praticare attività fisica regolare ed evitare la sedentarietà sono azioni semplici, ma decisive per proteggere la salute delle vene.

In definitiva, prendersi cura della propria circolazione significa migliorare la qualità della vita nel presente e preservare la salute a lungo termine. L’insufficienza venosa cronica non va trascurata: ascoltare i segnali del corpo e rivolgersi tempestivamente a uno specialista permette di gestire la patologia in modo efficace e prevenire rischi futuri.

Riconoscere tempestivamente la malattia permette di adottare misure preventive e terapie mirate, migliorando notevolmente la qualità di vita del paziente. L’esame di riferimento è l’ecocolordoppler, un test non invasivo, indolore e privo di radiazioni, che sfrutta gli ultrasuoni per visualizzare il flusso sanguigno e verificare la funzionalità delle valvole venose.

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